VOLO DI CRISALIDE (Edizioni del Leone, '89)
La prima raccolta pubblicata integralmente, venne giudicata minimalista ed essenziale. Willy Pasini (in una lettera inviatami) la paragonò ad un notturno di pianoforte!
Per questa, che considero la mia opera prima in assoluto, scelsi un titolo che desse l'idea dell'immaturità, del non stato, di un volo che non può essere (infatti, la crisalide, che è una farfalla immatura, non può volare).
VELI
Il chiarore dell'alba
sembra vero
Veli stesi tra noi
Se si apriranno
forse avrò moivo
di ricordare
Troppi domani
diventarono ieri
senza una forma
Ti guardo
La tua immagine
è l'abbozzo
dei fatti che saranno
o i resti d'un ricordo
non successo
T'ascolto
Le tue frasi sono opache
sembrano solo suoni
nati dal vento
ONIRICHE REALTÀ (Edizioni Fruska G.EDI.F, 1991 e Gabrieli ed. 1999)
Di questa raccolta di sogni in poesia, l'editore scrisse nell'introduzione:.
"I dubbi, gli spiragli, le contraddizioni (la realtà che è sogno), gli impalpabili mutamenti del tempo, le sensazioni più lievi, sono i protagonisti assoluti della poesia di Rossella Martini. Una poesia che, senza dubbio, sembra rifarsi alla lezione montaliana, ma si addolcisce e si stempera in uno stile particolarissimo, proprio dell'Autrice."
E Giorgio Bàrberi Squarotti, in una lettera privata:
"Oniriche realtà (...) che ho letto con interesse per la sapienza delle delicate e aggraziate invenzioni di immagini e figure. Soprattutto là dove più surreale è il discorso, più originale è la sua poesia."
ECLISSI
Mascheroni di pietra
disillusi
declamano da secoli,
sfacendola,
quanta luna
contiene la fontana.
Zampilla la pedante
distinzione
tra un astro
ed un riflesso:
entrambi non toccabili.
Roccioso
o inconsistente,
un polo d'attrazione
è irresistibile;
è fatale orbitarci
ed ha ragioni
che la ragione
non riesce ad oscurare.
Di pietra, contemplarti
dalla notte,
o entrare nel tuo sguardo
con un gesto
e il timore di sfarti:
distinzione
tra i cui termini
passa lentamente
la fase condannata
alla tua assenza.
E il tuo passare, ignaro
di quanta mia attenzione
lo circonda,
ricorda il cono d'ombra
dell'addio.
SULLO SFONDO SIBILLA (Gabrieli Ed. 1993)
Premiata con la medaglia "L'Ala della Vittoria" e vincitrice del premio "Il Paese che non c'è", questa raccolta è congegnata in 3 capitoli (SULLO riguardante il passato, SFONDO che simboleggia il presente che passa in fretta e inosservato, e SIBILLA che indica un futuro imperscrutabile, enigmatico)
Giampiero Neri, nella presentazione, scrisse:
"Lo sfondo in cui si colloca e si sviluppa il breve poemetto potrà sembrare esiguo, almeno da un punto di vista geografico. (...) Ma il lettore interessato alle descrizioni non avrà di che rammaricarsi. Alla sua discreta curiosità si offre una copiosa materia, adatta alle fantasticherie, delicata e mutevole, ma insieme anche precisa, come è appunto della poesia che più segretamente ci riguarda."
Riporto di seguito la poesia della raccolta, con la quale vinsi il premio letterario "Il Paese che non c'è" edizione 1991:
PASSO DA VIA LEOPARDI
Passo da via Leopardi
come da un vecchio amico
che mi ha dato
degli splendidi mazzi di parole
per consolarmi
quando non aveva
parole la tristezza.
Avanti alle facciate affumicate,
scrostate dei palazzi
e al muschio marcio
che gronda
dalle cole arrugginite,
passa sempre un profumo
di ginestra,
che giunge da un negozio
di fiori sempre aperto.
La fioraia ha un sorriso
dolce, stinto,
una treccia mai sciolta
per nessuno,
anni sfioriti nel retrobottega:
come consolazione
(trovata lentamente)
fa da sfondo
all'armonia di tinte,
forme e odori.
SINDROME DI STATUA (Lo Faro edit., 1994)
Come si evince dal titolo, questa raccolta (la cui copertina riporta il mio dipinto "Aspettando il passato") è formata da poesie elencate come sintomi di una malattia, del malessere esistenziale legato agli addii, all'oscuro "non so che" che permea di insoddisfazione la vita e fa bramare una perfezione che la realtà, forse, non contempla.
Cosi' il critico P.Montini nella presentazione:
"È la coscienza della paura dell'immobilità, della stasi e dell'accorgersi che ogni giorno, ogni tempo è saturo del tempo del venir meno. Ci troviamo davanti al mito della "statua di sale che si scioglie - a ogni lacrima - un po' " (...) Il valore della poesia della nostra, ha accenti fortemente metafisici (...) è la poesia della dissolvenza, della coscienza del tramonto..."
Ecco di seguito la lirica introduttiva ed altre del corpo dell'opera (che inizia con la poesia intitolata RISPOSTA e termina con quella intitolata DOMANDA, come a sottolineare che ciò che si chiede alla vita è retorico, perché tutto sembra predefinito, scritto da prima senza una sostanziale possibilità di cambiare).
LUNGO GLI ANNI E I TIMORI
Il corso dei timori è imprevedibile:
a volte va a ritroso, a confrontare
le fogge nuove dell'ansia a quelle vecchie,
alle cravatte che il cinese aveva
da vendere all'incrocio; a volte corre
sul rettifilo oliato del sospetto
che il presente sereno che viviamo,
abbia i gioni contati; a volte è fermo,
incombente su affetti in forte attivo,
minacciando un ritorno a raccattare
uno sgurdo o un sorriso abbandonati
tra ruderi abitati
da vecchie solitudini.
RASSEGNAZIONE
Mentre seguo il percorso delle rughe
sulle tue vecchie storie,
e mi ci areno;
mentre cerco il riflesso che ci unisce
(color precarietà); e mentre afferro
sulla soglia i tuoi ultimi minuti
(già pronti per uscire),
immagino i più piccoli dettagli
della felicità completa
che non vivo,
di una statua di sale che si scioglie
a ogni lacrima
un po'.
GREVITÀ
In fondo agli anni
calcificano astratte
malinconie,
stillate da secondi,
minuti,
ore,
giorni
senza te.
Ricordare le cose che vivremo
non basta ad impedirmi di affondare,
di constatare come la tua assenza
ha fattezze inquietanti
che somigliano
troppo
alla solitudine.
Attraverso a memoria il tuo sorriso,
zavorrata dal mio
(che non possiedo).
Mi pesa vivere
quando non ci sei.
PEDANTERIA
Ho corretto il vissuto con lo scrupolo
pedante di chi vive a tavolino,
e debba e voglia viverlo di nuovo.
Il mio passato è quello vero, attonito,
insabbiato e rinato come il seme
d'un'erba imprevedibile (il futuro),
o quello finto, che adesso mi tortura,
fatto di molle, bilancieri, viti
ed ingranaggi lucidi, perfetti?
INTERFERENZE & MUSICA (Lo Faro ediz., 1998)
Con in copertina un mio disegno "Concerto per vita e orchestra", ogni poesia di questa opera è costituita dal testo vero e proprio e da interferenze che, inserendosi, introducono, precisano o sottolineano i concetti e le atmosfere del testo stesso.
Nella presentazione, Stefania Severi dice:
"L'atto di creazione poetica smette di essere il ricercato compimento di una composizione secondo regole letterarie, ed assume, al contempo, i connotati di una composizione musico-vocale con tanto di regole e di riferimenti pertinenti alla musica e al canto. In questo libro la poesia diviene sperimentazione, commistione, contagio di linguaggi, attivando un circuito (talora un vero e proprio corto circuito!) tra sentimenti e mass media, in un rimando continuo fatto di echi, di riverberazioni, di ammiccamenti, di sopraffazioni."
Questa opera vinse il premio letterario "Olimpo da Sassoferrato" ediz.'94 e il "Poliziano" ediz.'96, oltre ad ottenere vari riconoscimenti e segnalazioni.
Tra paludi fangose e sabbie mobili
solo una strada. Dall'alto della rupe
si visita il pericolo
d'intorno
Come Mont St. Michel quando c'è l'alta
marea è il sogno: senza connessioni
con la realtà evidenti ma reali.
sarà assolutamente memorabile
quando coinciderà
col plenilunio
Se hai voglia di sognare tanto forte
che il sogno resti , intatto, nella veglia,
dormi nelle mie mani,
io nelle tue.
i sacerdoti celtici evocavano
verso occidente
il sole:
da est sorge per tutti
ogni mattina;
da ovest, eventualmente,
solo per chi l'adora.
Se avrei potuto amare qualcun altro
come amo te, è una domanda oziosa,
senza un appiglio nella realtà, nell'anima,
nella voglia di farla, di risponderle.
pellegrini del sogno, non portiamo
conchiglie piene di sabbia
o viceversa,
ma souvenir effimeri
al risvaglio
Effimero il quesito in fondo ad ogni
tipo d'amore, da non porsi mai:
solo chi non è umano si può illudere
che ci sia una risposta.
Risposta: non c'è posto per più storie
oltre alla nostra, nella mia curata,
lustra affettività (ed ora, certo,
neanche nella tua, ammaccata, opaca,
usata come un'auto da rally).
LE COORDINATE DEL FORSE (Gabrieli Ed., 2003)
Di questo, che è quasi il diario di un viaggio vago e vano (come anticipa il titolo, infatti, uso la precisione propria delle coordinate, per individuare una meta, il "forse", indistinta per antonomasia), l'Editore scrive nella presentazione:
"Giungiamo, quindi, a capire il difettoso bivio delle ansie e dei sogni in cui fa muovere gli stessi ideali che danno energia alla sua vita. E nelle tenui sfumature del suo mondo interiore, prendono forme ed essenze cose, persone ..."
"Nel tracciato rettilineo e costante, che ci ha lasciato l'autrice (...) non abbiamo perso di vista la rara saldatura che ella pone tra il suo segreto mondo interiore e la realtà oggettiva che espande nelle strutture del suo domani."
Sanno ancora di pioggia le ombrellifere
che, in fiore, disegnai su un foglio antico,
dietro "La quiete dopo la tempesta"
Chissà se potrò scrivere di nuovo,
se le parole, infine, consumate
da secoli di pioggia, non saranno
più taglienti strumenti d'incisione
sul derma della consapevolezza,
se al sole svanirà la sensazione
(macigno di granito in fondo all'anima)
che mai nessuna gioia può sconvolgere
tanto quanto può fare un dispiacere.
E il vecchio ombrello, color arcobaleno,
vola leggero sopra le tempeste,
alla deriva, ormai, della mia vita.
***
Ottobre. Luna (quasi ultimo quarto)
di trafugo, tra vortici di nembi.
Tuoni lontani, lampi più vicini
ad ogni iroso scatto di libeccio.
Mulinelli di foglie. Una falena
(presa o aggrappata a un secco grumo)
ha perso un'ala.
E rotola.
Perché mi è doloroso da morire
estirparmi dal cuore le persone
che ho incontrato in un angolo o nel centro
di questa cosa ostica, bislacca
che, per semplificare, chiamo vita?
E solo immaginare di scordarle
è come tagliar via da me una parte
che non ricresce, un tempo che non torna
(perché il tempo è impietoso:non concede
il bis di nulla,
nmeanche di un momento!).
E rotolo, aggrappata o imprigionata
nel tuo ricordo, trascinata o incontro
al futuro a cui porta un mulinello
di nembi e di libeccio.
Ho perso un'ala.
NOTE AL MARGINE (Gabrieli Ed., 2005)
Come sottolineato nel titolo, in questa raccolta si alternano poesie e postille (alcune delle quali in prosa) che possono essere un biglietto di treno, un appunto del passato, una telefonata, l'annuncio di un'eclissi, una poesia ritrovata o semplicemente un concetto, una precisazione conseguente.
Tra il grigio e il verde (senza moto, eccetto
quello che, giù dal cielo, va e rimbalza
sopra la superficie, quasi solida,
di questo mare così,
di sfondo, in corsa)
sembra la vita, adesso: senza fatti,
senza sviluppi (se non immaginari),
refrattaria a ogni gioco della sorte
che non riguardi, in qualche modo, te.
E la spiaggia assolata, profumata,
ondulata di musica e parole,
(che finora ho intravisto solo in sogno)
sembra lontana come ciò che bramo:
una vita normale (bella ... forse
perché non so raggiungerla).
(scritta due mesi prima di conoscerti,
parla di te, degli occhi verde-mare
- o verde-marcio, come dici tu -
con i quali mi guardi, come guardi,
nei tuoi giorni di pesca, l'Adriatico,
tra voglia di scordare e quei relitti
che, come a me,
tornano sempre a galla;
parla di me, dell'attimo interdetto
che si spalma sull'anima e camuffa
l'identità d'una premonizione,
della quale m'accorgo solo dopo,
quando tutto è sfuggito tra le dita).
ENIGMI ESTINTI (Gabrieli Ed., 2004)
La definisco "una raccolta per una stagione", intuita e realizzata in pochi giorni (come per fissare questa storia inconsistente prima che si fosse persa) e pregna di una atmosfera minimalista, quasi "orientale", e serena (nonostante tutto).
Io non ne posso più dell'incertezza,
delle storie il cui lato positivo
va cercato tra mille, immaginato,
inventato ... facendone virtù,
definendo lo sforzo "arte di vivere".
Non posso più ricominciare tutto
sempre da zero, fingere di credere
che sia una terra solida, magnifica,
la distesa di nuvole assolate
che forma l'orizzonte, che la gazza
attraversa rubandovi riflessi,
sprecandovi sè stessa.
Ora ho voglia di vivere soltanto
(di briciole magari, ma sicure),
di mani e vite da intrecciare, amandoci
semplicemente,
giorno dopo giorno.
...
Quando ancora le foglie non ci sono
(come qui, in questa luce a fine inverno),
le ombre sono scheletri di gemme,
di ali di farfalle, di impressioni;
e schermano gli abbagli tanto quanto
le sfumature fragili che sbocciano
in quest'anima sempre a fine inverno.
...
Ho amato quegli inediti risvolti
che, con te, avrebbe avuto la mia vita
(se non fossero stati fantasia,
ombre cinesi a effetto, proiettate
su vecchie storie
ormai di solitudine),
quell'intreccio di dita e di parole
spontanee, schiette (ma da parte mia),
quando dicesti che sembrava magico
che stessimo abbracciati ... dopo averlo
ritenuto impossibile per mesi
(salvo dimenticarlo appena uscito).
Io, di te, ho amato
quello che non sei.
...
È curioso che, a volte, percependo
il momento presente (svincolato
dal prima e il poi) mi senta meno male
di quello che dovrei, di quanto è lecito,
quasi perda coscienza del dolore
per chi non può venire nel futuro,
quasi lasci il fardello di speranze
rese grevi da scorie del passato,
quasi che conti solo andare avanti,
che l'esistenza conti più del come.
TRAME E FRANTUMI (Gabrieli Ed.,2006)
Come da titolo, si tratta di storie appena abozzate o andate in frantumi, pervase dalla consapevolezza della loro fragilità.
Trama V
Forse sei solo un sogno ricorrente,
a cui non so resistere (non voglio!),
dentro il quale so amare fino in fondo,
e dal quale, in teoria, potrei svegliarmi
senza formalità, senza altro ostacolo
che l'elastico (avvolto alla mia vita)
che mi riporta dentro
qualche volta.
...
Oggi ho tirato fuori dall'armadio
i pensieri leggeri.
Ti sei accorto!?
È tornata di nuovo primavera!
...
Sembrano ciò che provo verso te,
e profumano quasi di miracolo
(che si ripete nonostante tutto
ciò che di proibitivo può distruggere
la trama delicata della vita)
le piantine che vivono di nulla
sopra i tetti di coppi vecchi, grigi,
fiorite per dispetto o per amore
anche quest'anno, fino a ricoprire
di tenero candore lo squallore.
...
Chissà se, infine, imparerò ad esistere
da turista, a raccogliere i ricordi
(ma non la nostalgia)
come dei souvenir, a non lasciare
un pezzetto di cuore in ogni posto
(chè di posti si tratta, non di anime,
chi ho amato e, come i luoghi
- anche i più belli -,
non ha saputo
o voluto ricambiare).
ALMANACCHI PARALLELI (Nicola Calabria Edit., 2007)
In questa raccolta, chi scrive percepisce le tante sfaccettature che caratterizzano uno stesso fatto e uno stesso monento, e le annota in 3 diari paralleli nei quali l'Io fa da fulcro, da punto di equilibrio, nel tentativo di ordinare le sensazioni e i sentimenti che investono la mente.
Non a caso, infatti, l'opera è suddivisa in 3 capitoli che decorrono contemporaneamente, le poesie dei quali sono individuabili in base al lato della pagina che occupano (il capitolo intitolato TU è allineato a sinistra, quello intitolato IO è al centro, e quello intitolato ALTRI TU è allineato a destra).
Ho scelto il termine "almanacchi" perchè ha in sè il significato sia di annotazione diaristica, sia di fare congetture, di dissertare sopra cose e fatti (che normalmente vengono lasciati scomparire).
Particolarmente attinente al testo è, in copertina, il mio disegno di un delicato paesaggio ovattato di nebbia, dalla quale emergono paralleli alcuni colli che si gettano in un lago immobile, su cui galleggia e rispecchia un tronco secco con un corvo sopra.
31 gennaio 2005
Più che in qualsiasi mattinata chiara
o meriggio inondato dalla luce,
mi attira il sole quando è troppo tardi
e, neanche volando, potrei averne
il colore e il calore
sulla pelle.
E immagino si stare dove sei
(lontano, qui o in quest'ultimo mio sogno),
a crogiolarmi agli ultimi tuoi raggi,
a sciogliermi di dosso
questo inverno.
***
A Città della Pieve c'è un palazzo
di pietra tenera
che si scioglie in fretta,
come la nostra storia (pensai allora).
Ma una città struggente
ho dentro l'anima.
28 marzo 2005
Il lago di Fiastra ha sponde tetre
oltre l'immaginabile, anche adesso.
E il clima non aiuta a percepire
che sta iniziando una stagione nuova.
E sembra assurdo che io abbia una sponda
(almeno una!) colorata e calda,
da godermela solo. E non pensare.
***
Se fosse tutta come qui, la vita
(sostanzialmente estranea, anche se mia),
se fosse chiusa da una diga grigia
tra pareti scoscese, solitarie,
tra desideri stanchi (atti soltanto
a gettarsi di sotto), mi domando
se il tuo pensiero
mi terrebbe a galla.
Pochi versi (colore argento antico
come qualche remoto, perso mare,
come il tono che assume il poco sole
che adesso passa tra le nubi nere)
mi bucano i discorsi estranei intorno,
chiariscono che, in fondo, la poesia
è un discorso privato, un tentativo
di fissare per sempre la bellezza
nello spirito mio
e di chi mi ascolta
(se qualcuno mi ascolta, se davvero
è formata di singoli infiniti,
e non di masse brute, limitate,
l'Umanità.
AD OVEST DI TE (Tindari Ediz., 2009)
In questa storia fatta di nulla, sfumata e immobile come un lungo tramonto estivo, la meticolosa annotazione del tempo è la sola cosa solida, concreta. In pratica si tratta della cronaca di fatti non avvenuti (anche se desiderati, auspicati) e del conseguente disincanto, a tratti anche molto amaro.
In copertina è il mio disegno (a tecnica mista) intitolato "Primavera che passa".
Nella presentazione l'editore scrive:
"Pagine di un diario in cui il lettore, muovendosi attentamente, ha la possibilità di cogliere la profondità e la bellezza dell'anima poetica di Rossella che, con questi versi, ci incanta."
Ecco la poesia da cui deriva il titolo:
Ad ovest di te, quanti tramonti
ci ho visto scolorire lentamente,
tra profumi di resine disciolte,
d'acacie, tigli, storie raggrinzite,
sbriciolate a narrarle, ricordarle.
E in questa poca luce che, pietosa,
vela i dettagli della realtà (taglienti!),
immagino di averti tra le braccia,
perché, di notte, tutto sembra altrove
(tranne quello che amo, che vorrei),
contratte le distanze, corti gli anni,
e quieti i mari per cullare i sogni.
28 giugno, ore 22,30
***
So che ci sono stati giorni lievi,
nei quali (perché c'eri tu nell'aria)
regnava il sole, e nuvole lontane
erano solo giochi della brezza;
so che serate chiare galleggiavano
sopra notti sottili (come i fogli
su cui scrivevo fiabe verosimili),
fino alle aurore successive, splendide
(come sempre i finali delle favole),
fatte di porte e di finestre aperte;
ma a guardarti così (davanti a me
eppure via ... come l'indifferenza)
non mi riesce più
di ricordarli.
13 novembre, ore 18,45
***
Sì, la realtà va letta, decifrata,
interpretata poi, come un romanzo
che non ci si ricorda d'aver scritto
per sommi capi, a sprazzi, e poi bruciato
strada facendo,
forse per scaldarsi.
Eppure (anche se, in fondo, lo sapevo)
mi stupisco a vederti scomparire
esattamente dove ti notai,
dentro la stessa folla e la certezza
che sempre è come se nulla
fosse stato.
13 novembre, ore 20,14
***
Viene l'autunno quando manca il mare,
quando incombe il pensiero che l'estate
è agli antipodi, è persa (ma soltanto
perché non l'ho vissuta mai del tutto),
quando sento che, in fondo, sono uguali
(tranne che per i titoli di testa)
tutte le storie,
la loro amara fine.
E ricordo la notte e un temporale
sopra l'ultimo mare
che ho vissuto.
15 novembre, ore 15,49
VISSI DOMANI (Nicola Calabria Edit. per Centro Studi Tindari Patti, 2012)
Considero questa raccolta, con in copertina il mio disegno "Semprevivi al tramonto", come l'angolo di svolta (e, come tale, è breve e sottile!) verso la mia piena maturità artistica. In essa anche l'amore (il tema massimamente trattato nelle mie opere precedenti) subisce un'evoluzione, una trasfigurazione, guadagnando uno spessore affettivo ed esistenziale che controbilancia ampiamente quanto, della passione, tende a sbiadire con il tempo.
E considero la seguente poesia come l'angolo dell'angolo, oltre il quale la visione è diversa e non serve a nulla voltarsi:
SON TUTTI UGUALI I MARI DI DICEMBRE
Son tutti uguali i mari di dicembre:
omologati a una tristezza standard.
Le palafitte blu dei pescatori
sembrano scolorite,
in bianco e nero;
l'odore di marciume non si scioglie,
come la schiuma grigia delle onde
resa quasi calcarea dalla bora;
i blocchi frangiflutti, di cemento,
ogni anno di più mostrano i ferri
(arrugginite ossa di carcasse
in lenti, impercettibile degrado,
o macerie di un Eden sorto rudere,
o sogni nati già come ricordi).
E la sabbia si accumula sui passi,
li rende senza verso e identità,
quasi emblema del fatto che si resta
(inevitabilmente, prima o poi)
con nulla intorno
e troppo nella mente.
Fortuna che qui, adesso
ci sei tu!
Il brano che dà il titolo all'opera è:
VISSI DOMANI DI SPERANZE STINTE
Vissi domani di speranze stinte,
diventate ricordi estranei, ostili.
sanno essere.
Vissi sogni che adesso non ritrovo.
Vissi storie mancate, affetti tolti,
amori che non riesco più a capire,
che forse non saprò più immaginare
se non avrà altre stagioni,
l'anima.
E a seguire:
SE SULLA NOSTRA PELLE RISULTASSE
Se sulla nostra pelle risultasse
quello che abbiamo visto andare via
nostro malgrado, forse sembreremmo
un assommarsi di reperti antichi:
ponti tra il nulla, sopra i propri pezzi,
pietre miliari senza più le vie,
fondamenta ciclopiche, colonne
che hanno sorretto statue
andate perse,
frammenti delle scene d'ogni giorno,
mosaici mai compiuti e deformati
da cataclismi, inverni e nostalgia.
E recherebbe traccia di ogni pugno
che ci ha inferto la sorte, e di carezze ...
come quella che adesso mi regali:
forse sei tu la tessera più glauca
(nel centro dei miei ruderi)
che manca!
SALUTI DALL'OBLIO (BookSprint Ed. 2016) ROSSELLAMARTINI.WORDPRESS.COM
L'oblio (constatato, cercato, temuto, analizzato da più piani e in tutte le sue sfumature) è il tema di questa raccolta, che è concepita come una cartolina (i cui capitoli che la suddividono, richiamano una terminologia "postale") e riporta in copertina un particolare del mio disegno "Quiete".
L'opera, disponibile anche in e-book, affronta il mio rapporto con il mondo, le ansie, i ricordi e la constatazione di come, di fatto, il nulla (di cui l'oblio è il re) non può esistere, semplicemente perchè ci siamo noi a constatarlo, perchè "Non si può nè potrà mai non esistere", come recita la citazione dell'opera (ricavata dalla mia raccolta LE COORDINATE DEL FORSE).
Del mio oblio nei confronti del mondo (e viceversa) scrivo:
Quel po' che il mondo mi ha riconosciuto,
deve essere nel caos delle mie carte:
non lo si può trovare, anche volendolo,
perso come il passato e quel successo
che avrei dovuto cercare ad ogni costo,
e che, meno che mai, adesso cerco.
Le mie cose importanti sono altre.
(Con cura, nella scatola, ripongo
due foglie
impressionate dall'autunno).
***
Dal mondo,
ho sempre preso le distanze,
oltre che dalle mode, dai clamori,
dalle parole urlate quanto effimere:
sempre a più alte quote, sulla torre,
sono eremita di principi e scelte.
Dell'ansia (che non può non pervadere la percezione della precarietà) e , conseguentemente, dell'oblio quasi auspicato dico:
La veduta di tutto, me compresa,
è cambiata, ma non nella sostanza,
ché i miei principi sono sempre quelli:
sembra la melagrana che, sfiorata
dalle mani del tempo, si raggrinza,
mostra fibre percorse da una linfa
che, piano piano, la farà di sasso.
Eppure,
ciò che vedo è sempre stato:
a ieri è succeduto sempre un oggi
seguito da altri oggi (che, oramai,
non considero più
come domani).
***
La forza della fragilità
sa di miracolo
(come l'aro sbocciato tra l'incendio,
la zattera di legni sull'abisso,
l'equilibrio dei bimbi e degli anziani);
e si trema per essa, perchè è certo
che i miracoli
sono molto rari.
***
Io credo sia più semplice trovare
la coscienza di sé, che attenuarla
una volta che, in tutto il suo splendore,
abbia disintegrato tutto il resto
(come Zeus nudo fece di Semele,
della quale rimase un figlio ebbro).
E si mettono in atto strategie
destinate a sortire un breve effetto,
a fallire comunque, in un grottesco
rimpiattino
a nascondersi da sé.
E il corpo, forse perchè vulnerabile,
viene avvertito come superato
grumo di ansia e di preoccupazioni,
la cornice tarlata, inadeguata
al quadro immarcescibile
che è dentro.
Del rapporto tra ricordi e oblio dico:
La mia memoria
è fatta di finestre
dalle quali ho guardato andare via
persone che non sono più tornate.
E non mi sono perdonata mai
di non aver compreso essere quella
l'ultima volta che le avrei guardate,
di non averle stampate nei miei occhi,
e di averle lasciate scomparire
quasi per un mio battito
di ciglia.
***
Temo i ricordi da una vita intera,
forse pure i leggeri (perché andati),
oltre a quelli comunque sopportabili.
Ma soprattutto temo i rimanenti,
quelli che non si possono lasciare
nonostante dilanino la mente
(dando dolore
quanto più son lucidi).
Mi consola soltanto aver capito
(stalattite di lacrime rapprese)
che chi ricordo
non è perso,
mai.
***
Ai miei dicevo: "Faccio un giro in centro."
(nei pomeriggi giovani d'allora).
Rispondevano sempre: "Torna presto!
Senza te e tuo fratello, siamo tristi."
Quando ripenso a loro, mi consolo
considerando che, in fondo, è un giro lungo
quello che faccio da decenni,
ormai.
***
Basta pensare che i miei sono vicini,
per essere sicura che quel senso
di mai più (che tortura) è del precario,
e che l'eterno avrà il sereno aspetto
di quotidianità bellissima
e perpetua.
E il concetto che, in fondo, sono fatta
per essere felice con chi amo,
è il lumicino, che rischiara e scalda,
di una lucciola apparsa
in pieno inverno.
Infine, secondo la mia filosofia di vita, l'oblio è:
Per me
(cosciente sempre fino in fondo)
l'oblio è una fiaba che, a volte, mi racconto,
è quella distrazione dall'idea
che la vita è precaria e deperibile,
è il re d'una realtà che non c'è (il nulla),
destinato a soccombere, comunque,
nell'arco e nei confini
d'una partita a scacchi.
***
Considerare il nulla in termini assoluti,
è un po' affacciarsi a un buco nero teorico
(nonostante, ovviamente, sia smentito
dal fatto che qualcuno lo consideri):
si percepisce che, dell'esistenza,
è il vero opposto (da cui la sensazione
di malessere fisico, perfino),
e si sente il cervello quasi esplodere,
come il big bang
che iniziò la Creazione:
***
Puoi dire che la vita ti è servita,
quando l'hai usata come un trampolino,
per osservare sempre più dall'alto
il punto dell'eterno
in cui ti trovi.
OPERA DI CLESSIDRA (Ediemme - Cronache Italiane, 2019)
Opera, questa, in cui analizzo, patisco, e supero il tempo, in tutte le sue sfaccettature e implicazioni. In essa i capitoli (Eternità, Stagioni, Marzo, Giorni, Secoli, Domani, Attimi, Oggi, Sempre, Ore 23.59) sono inerenti al modo di misurarlo, di collocarmi in esso, di riempirlo di cose, ricordi e fatti ... in fondo senza tempo.
"Non dei contemporanei
ma del tempo
è il riconoscimento che vorrei,
è che un sasso
di me resti a sfidare
il lento, incontrastabile
dissolversi."
è la citazione iniziale (tratta dalla mia raccolta SULLO SFONDO SIBILLA, Gabrieli Ed. 1992) che la sintetizza e, allo stesso tempo, indica l'inizio del percorso che mi ha portata al "qui" e all'"oggi" in cui ho localizzato l'opera e ho maturato la sottile ironia (unica arma contro l'immane grevità della materia e del tempo che la scandisce) che la pervade.
La vita è una parentesi di tempo
sul foglio immenso dell'eternità,
per cui non basta l'oggi.
Esiguo è l'attimo,
ma (per forza di cose) ci si adatta,
si cerca di plasmarlo, dargli un alito
che lo renda ad immagine
di chi lo vive:
eterno.
***
È sempre una condanna ricordare,
se è rotto il vaglio che separa il grano
dai semi amari
che non hanno antidoto,
e che intossicheranno di passato
qualsiasi immaginabile futuro;
è una condanna
perché non si accetta
che il tempo sia tiranno
(il solo vero)
e indietro non si possa ritornare.
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La mia generazione è tormentata
più di qualsiasi altra, è di frontiera:
in equilibrio su un gradino instabile
(tra l'aratro coi buoi e il digitale,
tra pietà ed arrivismo senza scrupoli,
tra il senso di famiglia e la tendenza